Nel 2022 le entrate accertate delle regioni italiane (al netto del conto terzi e delle partite di
giro), ammontano a 186,3 miliardi di euro e risultano in aumento dell’1,8%, mentre le entrate
finali risultano cresciute del 2,2%. La voce più rilevante sono le entrate correnti di natura
tributaria, contributiva e perequativa (145,7 miliardi), che includono anche i tributi destinati
al finanziamento della sanità7 e rappresentano quasi l’80% del totale, facendo registrare un
aumento di 0,4%.
Aumentano del 7,7% anche le entrate in conto capitale, che con quasi 10 miliardi
rappresentano poco più del 5% del totale.
Nessuna regione ha richiesto anticipazioni di liquidità dall’istituto tesoriere, mentre sono stati
accesi nuovi prestiti per quasi 1 miliardo, molto meno dello scorso anno (-41,2%).
La capacità di riscossione delle entrate finali è l’85,3% del totale ed è aumentata di 2 punti
rispetto allo scorso anno. Pesa, soprattutto, la bassa riscossione dei contributi agli
investimenti (27,3%), come anche quella delle entrate extratributarie (72%). La variabilità
tra le regioni è elevata, con una maggiore capacità nelle regioni a statuto speciale: Friuli
Venezia Giulia (95%), Provincia autonoma di Trento (94,7%), Sicilia (93,7%), Provincia autonoma di Bolzano (91,7%), Sardegna (89,1%). Viceversa, risulta più bassa nelle regioni
del sud: Puglia (72,7%), Calabria (79,8%) e Campania (80,9%).
Nel 2022 le uscite (al netto del conto terzi e delle partite di giro) delle regioni ammontavano
a 182,2 miliardi, il 2,1% in più dell’anno precedente. Analogo incremento si osserva per le
uscite finali, che non tengono conto delle partite finanziarie. La principale voce di impegno
è rappresentata dai trasferimenti correnti (137,7 miliardi) per lo più effettuati in favore delle
aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere che erogano i servizi sanitari8
. Le uscite
correnti (158,3 miliardi), sono l’87% del totale, con gli acquisti per beni e servizi in deciso aumento (+3,1%), mentre quelle in conto capitale si fermano al 9,2%, anche se in aumento
rispetto all’anno precedente per i 13,8 miliardi di contributi agli investimenti erogati (+6,4%).
La capacità di pagamento delle uscite finali è l’86,6% del totale, in leggera flessione rispetto
al 2021, ma superiore alla capacità di riscossione. Tra le voci più rilevanti è molto bassa tra
le uscite in conto capitale (51,9%) e segnatamente per i contributi agli investimenti (50,3%)9
.
La maggiore capacità di pagamento è in Friuli Venezia Giulia (95,5%), Emilia Romagna
(93,2%), Umbria (92,8%), Valle d’Aosta (92,1%), Marche (91,2%).
I crediti di dubbia esigibilità rappresentano la parte dei residui attivi difficilmente recuperabile
e sono accantonati in un apposito Fondo (in una quota crescente nel tempo), per evitare
che siano utilizzate risorse di cui in realtà non si dispone. Nelle regioni si è passati da 2,5
miliardi nel 2022 (3,2% dei residui attivi) a 4,2 miliardi nel 2022 (5,5%), con percentuali che
variano tra il 13,4% del Veneto e l’1,5% della Lombardia, che ha 12,8 miliardi di euro di
residui attivi, ma meno di 200 milioni iscritti al Fcde.
Con l’armonizzazione dei sistemi contabili, si è venuto a creare il fondo a copertura residui
perenti, ovvero di quella parte dei residui passivi che in passato veniva posta in perenzione
(in attesa della prescrizione o di una nuova reiscrizione tra i residui passivi per essere
pagati)16. Si tratta in questo caso di un fondo destinato a diminuire nel corso del tempo,
anche se nel 2022 è continuato a crescere, soprattutto in Toscana, Marche e Sicilia.
La parte più consistente degli accantonamenti è rappresentata dal Fondo a copertura delle
anticipazioni di liquidità erogate alle regioni per smaltire i debiti certi, liquidi ed esigibili
accumulati nei confronti dei fornitori. Il Fondo, che tende a ridursi nel tempo deve coprire
sia la quota capitale che gli interessi che le regioni devono ancora restituire. Nel 2022,
valeva più di 20 miliardi di euro, di cui 7,4 miliardi del Lazio, 4 del Piemonte e 2,4 ciascuno
per Campania e Sicilia.
Il dato aggregato cela notevoli differenze tra le Regioni. La Campania mostra nel 2022 un
risultato di esercizio positivo per 2,4 miliardi, Sicilia e Sardegna quasi 600 milioni, mentre il
Lazio sfiora il mezzo miliardo. Una perdita di esercizio si registra nel solo Molise (-92 milioni).
Lo stato patrimoniale attivo delle regioni sfiora i 160 miliardi di euro, in aumento di oltre 3
miliardi rispetto al 2021. La parte più consistente è costituita dai crediti vantati dalle Regioni
(73 miliardi, in calo di 6) e, in particolare dai tributi destinati al finanziamento della sanità
(23,1 miliardi) e dai trasferimenti e contributi da parte di amministrazioni pubbliche (25,8
miliardi). Di rilievo anche la liquidità (28,8 miliardi, 6,6 in più accantonati nell’ultimo anno), le
immobilizzazioni materiali (29,6 miliardi) e le partecipazioni finanziarie (16,8 miliardi).
Il caso più critico è certamente quello del Lazio con oltre 20 miliardi di patrimonio netto
negativo, ma non sono meno preoccupanti la Campania (7,3 miliardi, erano 9,5 nel 2021),
Piemonte (6,6 miliardi) e Sicilia (5,3 miliardi). Godono, invece, di una solida
patrimonializzazione le province autonome di Trento e Bolzano, il Friuli Venezia Giulia, la
Valle d’Aosta, la Lombardia e in misura minore Veneto, Calabria, Sardegna, Puglia, Marche,
Umbria.
Le regioni maggiormente indebitate sono il Lazio (27,8 miliardi); la Lombardia (21,5 miliardi);
la Campania (17,7 miliardi); Piemonte (12,5 miliardi), Sicilia (12 miliardi), Puglia (10,3
miliardi).
Su ogni residente di una delle Regioni italiane (neonati inclusi) grava mediamente un debito
di 1.401 euro nei confronti dell’amministrazione regionale (79 in meno del 2021).
L’indebitamento pro-capite è massimo in Valle d’Aosta (5.835 euro) e Lazio (3.910 euro).
Gli abitanti delle province autonome di Trento e Bolzano e del Friuli Venezia Giulia devono,
invece, sopportare un carico molto limitato.
Con riferimento all’esercizio 2022, solo 5 regioni presentano un avanzo di amministrazione:
la quota libera di parte corrente (avanzo) è pari al 70% del risultato di amministrazione
nella provincia autonoma di Bolzano; 69% in quella di Trento, 48% in Valle d’Aosta,19% in
Friuli Venezia Giulia e 11% in Lombardia.
Tutte le altre regioni sono in disavanzo e molte di esse hanno anche un patrimonio netto
negativo, per cui la loro sostenibilità patrimoniale è molto a rischio, se non addirittura
compromessa. La quota di disavanzo effettivamente a carico dell’esercizio, rispetto alle
entrate correnti è molto elevata soprattutto in Toscana (16,6%) ed Emilia Romagna (11,2%).
Una misura dell’efficienza di gestione è data dall’incidenza degli accertamenti delle
entrate rispetto alle previsioni definitive del bilancio di previsione assestato. Uno scarto
elevato è un segnale che il bilancio di previsione è stato compilato in maniera poco accurata,
ovvero senza tenere conto delle reali capacità di entrata. L’incidenza delle entrate proprie
(tributarie ed extratributarie) sulle previsioni definitive di parte corrente è in media pari al
83% degli accertamenti
, in lieve flessione rispetto al 2021, con valori massimi in Valle
d’Aosta dove gli accertamenti superano le previsioni, nella provincia autonoma di Trento
(98%), Bolzano e Lombardia (91%) e minimi in Campania (55%) e Puglia (61%).
Ogni dipendente regionale costa mediamente 93 euro per cittadino, ma sono molti di più nella Provincia autonoma di Bolzano (2.100 euro), in Valle d’Aosta (1.981 euro) e nella Provincia autonoma di Trento (1.398 euro).
Gli investimenti complessivi pro capite sono stati di 255 euro (16 in più dello scorso anno), di cui solo l’11% sotto forma di investimenti diretti e l’89% attraverso contributi agli investimenti erogati agli enti locali oppure a imprese; l’incidenza degli investimenti sul totale della spesa corrente e in conto capitale è stata di appena il 10% (un punto in più rispetto al 2021), oscillando tra il 26% della provincia autonoma di Trento e il 3% dell’Emilia Romagna.
Le fatture commerciali sono pagate mediamente 6 giorni prima della loro scadenza, ma in Campania i fornitori devono attendere 34 giorni, in Sicilia 18, in Calabria 10 e in Piemonte 6.
Al 31 dicembre 2022 le Regioni avevano fatture scadute per 467 milioni di euro, non ancora pagate a 5.214 imprese, per un importo medio di circa 90 mila euro per impresa. In Campania sono incagliati 310 milioni di euro, altri 212 in Sicilia e 177 in Veneto.
Il piano degli indicatori e dei risultati di rendiconto delle regioni, nella sua articolazione, possiede un potenziale informativo che appare fortemente sottostimato, sia dai revisori contabili che dalla Corte dei conti.
L’indicatore sintetico della capacità di amministrazione vede al primo posto il Friuli Venezia Giulia (+5,5), seguito da Liguria (+5,1) e Veneto (+4,8). La provincia autonoma di Bolzano, prima nel 2021, è scivolata in quarta posizione.
Ultima in classifica è la Campania (-7,6), che perde tre posizioni rispetto al 2021, immutato il penultimo posto del Lazio (-7,3), mentre terzultima è la Sicilia (-6,2).