Sono stati diffusi i risultati sull’industria metalmeccanica e meccatronica italiana. Il 2023 è in negativo per l’attività produttiva del Settore, segnando un -0,4 rispetto al 2022. Il dato congiunturale del quarto trimestre, ha fatto registrare un aumento dell’1,3% rispetto al precedente, mentre nel confronto con l’ultimo trimestre del 2022, c’è stata una variazione del +0,2% dopo il calo dell’1,9% osservato nei tre mesi estivi.
Malgrado le tendenze positive dell’ultimo periodo dell’anno, nell’ambito dell’aggregato metalmeccanico sono stati osservati andamenti differenziati tra i vari comparti. In particolare, le attività della Metallurgia, negli ultimi due trimestri hanno segnato cali produttivi a doppia cifra non registrati altrove nel settore.
A livello europeo, nella media dell’anno, la flessione produttiva registrata per il settore metalmeccanico si confronta con i risultati positivi realizzati dai principali paesi della UE.
Le esportazioni nel confronto con il 2022 hanno fatto registrare un +14,4%, mentre le importazioni sono cresciute del 19,7%, determinando un saldo commerciale attivo di quasi 45 miliardi di euro. Occorre sottolineare che gli incrementi dell’interscambio sono stati influenzati dalla crescita dei valori medi unitari.
Le prospettive a breve emerse dall’indagine condotta presso un campione di imprese metalmeccaniche associate, indicano un’attenuazione della fase negativa della congiuntura settoriale. Infatti il 32% delle imprese intervistate si dichiara soddisfatto del proprio portafoglio ordini, 28% prevede incrementi di produzione, a fronte del 18% che pronostica riduzioni e il 22% ritiene di dover aumentare, nel corso dei prossimi sei mesi, gli attuali livelli occupazionali.
Rimane comunque significativa (pari al 10%) la quota di imprese che valuta cattiva o pessima la situazione della liquidità aziendale.
Il sentiment delle imprese rimane fortemente condizionato dalle conseguenze economiche e umanitarie del prolungamento del conflitto russo-ucraino, che continua a inasprire la spirale dei prezzi dei prodotti energetici e delle materie prime, rendendo più complessa e onerosa l’attività produttiva delle imprese.
Federmeccanica ha realizzato due focus specifici: attività di investimento e rincaro delle materie prime.
Riguardo al primo punto, tra tutte le imprese che hanno risposto al questionario, la quota che prevede di attuare forme di investimento nei prossimi sei mesi è aumentata rispetto allo scorso trimestre, passando dal 64% di fine settembre all’attuale 70%.
Con riferimento alle tematiche ambientali, nel 63% dei casi le attività di investimento avranno ricadute positive sia sul risparmio energetico sia sulla sostenibilità ambientale. Il 29% delle imprese si focalizzerà solo sul risparmio energetico e il restante 8,0%, invece, sulla riorganizzazione del processo produttivo e/o adozione di nuovi modelli di produzione; sull’utilizzo materie prime seconde (es. recupero e riutilizzo scarti del processo produttivo); sul contenimento emissioni atmosferiche; sul riutilizzo/riciclo acque di scarico.
Per quanto riguarda le altre aree di investimento: il 32% degli investimenti sarà destinato al capitale fisso (capannoni, macchinari ecc.), mentre il 25% in tecnologia e digitalizzazione (es. Industria 4.0). A seguire troviamo la formazione (21%), investimenti in ricerca e sviluppo (19%) e altre allocazioni (3%).
Mentre per quanto concerne i costi delle materie prime, nel quarto trimestre la percentuale di imprese sofferenti per i costi dell’energia, è sempre molto alta, e pari al 71%, nonostante l’attenuazione registrata dei prezzi sui mercati internazionali.
Nel 51% dei casi gli elevati costi delle materie prime e dell’energia hanno comportato la riorganizzazione del lavoro e/o dell’attività produttiva, nel 20% si è verificata una riduzione dell’attività di investimento, mentre il 22% ha dichiarato altre conseguenze. È rimasta invariata, e pari all’8%, la percentuale di imprese che ha indicato come possibile conseguenza l’interruzione dell’attività aziendale.
L’andamento dei prezzi delle materie prime energetiche continua a ripercuotersi sui prezzi alla produzione e nel settore metalmeccanico, che risulta il maggior utilizzatore di metalli, i prezzi alla produzione sono aumentati in termini tendenziali del 12,3%. Tali dinamiche hanno un impatto negativo sulla competitività di molte imprese con ricadute sui margini di profitto già condizionati dai costi dell’energia: il 64% delle imprese ha registrato una riduzione del Margine Operativo Lordo.
Infine, il 43% delle imprese partecipanti all’indagine sta risentendo delle ripercussioni del conflitto russo-ucraino: il 57% prevede una contrazione dell’attività produttiva, mentre il 4% corre il rischio di doverla interrompere; il 9% prospetta la riduzione dell’attività di investimento e nel 30% dei casi si sono verificati altri effetti.